WELFARE: vantaggi per lavoratori e imprese
Sempre più spesso sentiamo parlare di welfare, ma a meno che non siamo operatori in settori socio-economici non tutti sappiamo di che cosa si tratta realmente. Cercherò di spiegarlo in modo semplice ma efficace. Intanto welfare è un termine inglese e significa letteralmente “benessere”.
Oggi più che mai viene usato nel linguaggio politico/economico e sta ad indicare lo Stato Sociale, conosciuto anche come Stato assistenziale, ovvero quel sistema di norme attraverso le quali lo Stato cerca di eliminare le diseguaglianze sociali ed economiche fra i cittadini, aiutando in particolar modo i ceti meno abbienti e più bisognosi di sostegno. Lo Stato attraverso il versamento delle imposte dei cittadini, in proporzione alla capacità economica di ognuno di noi, dovrebbe riuscire a garantire diritti e servizi sociali per tutti. Uso il condizionale “dovrebbe” perché purtroppo non è sempre così o meglio negli ultimi anni lo è stato sempre meno.
Chi di noi non si è sentito “orfano” o ha visto persone “orfane” di servizi essenziali quali: la sanità, l’educazione, i sussidi di assistenza in caso di accertato stato di povertà o bisogno, la previdenza, la cultura, la difesa dell’ambiente naturale. Basta pensare alla scuola e alla sanità. Oggi molti genitori si trovano a dover contribuire personalmente per il materiale scolastico; per non parlare della sanità. Oggi curarsi è un lusso!
Lo Stato quindi non riuscendo più a garantire welfare sociale (a causa del debito pubblico altissimo) nel corso degli ultimi anni sta letteralmente trasferendo l’onere di fornire servizi sociali alle aziende, attraverso lo strumento del “welfare aziendale”. Sono quindi state istituite leggi ad hoc affinché il “benessere” dei lavoratori, anche parasubordinati (cococo) possa essere “costruito” o “migliorato” per tramite di piani aziendali volti a garantire servizi di natura sociale ai lavoratori e alle proprie famiglie.
Come? Ora lo vediamo. Molti lavoratori dipendenti percepiscono premi di produttività.
Nel corso del 2016 era stata introdotta con la legge di stabilità, a regime, la possibilità per le aziende di applicare una tassazione agevolata, con imposta sostitutiva del 10%, sui premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione fosse collegata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, questo affinché i dipendenti ricevessero un netto in busta paga più alto.
L’intervento di maggiore interesse della legge di stabilità fu proprio quello di offrire ai lavoratori la possibilità di sostituire i premi di risultato, collegati alla produttività, e le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, con i benefit detassati secondo quanto disposto dall’articolo 51 del Tuir.
Ricordo in questo passaggio che la tassazione agevolata per il 2017 si applicherà sui premi con soglia massima di euro 4.000 e per quei lavoratori dipendenti che nel corso del 2016 non abbiano avuto un reddito superiore agli euro 80.000.
La legge di stabilità del 2016 aveva previsto la possibilità di sostituire le somme premiali (tra cui i superminimi, premi “ad personam”) con alcuni benefit, senza dover concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente anche in caso di superamento dei limiti di esenzione fiscale previsti dalle norme. Un esempio è rappresentato dalla sostituzione dei premi con i contributi ai fondi pensione e alle casse di assistenza sanitaria e con l'attribuzione di azioni.
La legge di stabilità 2017 ha reso ancora più attraente la detassazione dei premi offrendo ai lavoratori che partecipano ai piani di welfare sostitutivo la facoltà di scambio anche con i benefit contenuti nell’articolo 51, comma 4, del Tuir, escludendo però dall’imposta sostitutiva del 10% tutte le somme premiali destinate agli autoveicoli concessi in uso promiscuo ed ai fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, che continueranno ad essere tassati secondo le consuete regole fiscali.
Quindi il dipendente attraverso un piano aziendale welfare può avere sul premio di produttività una tassazione agevolata del 10% e quindi ricevere più soldi netti in busta paga o accordare con il datore di lavoro che quel premio venga convertito in servizi welfare, tipo (sono solo alcuni banali esempi): libri scolastici per i figli, le spese mediche per il dentista, esami specialistici, palestra, teatro, l’assistenza a familiari, ma tanto altro.
C’è di più! L’azienda può “costruire” volontariamente e sulla base di un programma aziendale a tutto il personale occupato, o per categorie di dipendenti, senza limiti di tetto economico, un piano welfare volto a garantire ai propri dipendenti/collaboratori una serie di servizi che potranno accrescere il benessere dei lavoratori.
Quali i vantaggi per i lavoratori e per i datori di lavoro? Alcuni esempi: i lavoratori potranno avere, grazie al contributo economico delle imprese, una forma pensionistica complementare; andare in palestra gratuitamente; avere di buoni benzina; avere accesso ad alcune attività culturali; avere dei sussidi per i propri familiari gravemente malati. Sono solo alcuni esempi.
I lavoratori sono abituati a pensare al loro netto mensile ma il welfare aziendale ha un valore economico che non potrà che incrementare nei fatti la busta paga ogni mese. Il netto in busta del dipendente potrà essere un paniere composto dallo stipendio e da servizi che i lavoratori riceveranno a fronte di un piano welfare che inciderà inevitabilmente e di molto nel ménage familiare e personale di ognuno di noi.
I vantaggi per l’azienda: sui piani welfare, che necessariamente fidelizzeranno i dipendenti all’azienda, i datori di lavoro non verseranno i contributi previdenziali e potranno scaricare completamente i relativi costi.